Agli albori del calcio italiano ci fu dapprima la supremazia del Genoa di Spensley e Pasteur,poi con l’intermezzo della Juventus nel 1905,anche il Milan di Kilpin ebbe un ruolo di rilievo nel nostro neonato panorama calcistico..
Tuttavia,il primo vero e proprio ciclo può considerarsi quello della Pro Vercelli.
Nata nel 1892 come società ginnastica,nel 1902 partì anche come sodalizio calcistico,grazie al contributo di Marcello Bertinetti,che si cimentava con successo anche come schermidore,e Luigi Bozino,eminente avvocato penalista e presidente del club.
Dopo l’adesione alla F.I.G.C, avvenuta nel 1906,la Pro Vercelli vinse il campionato di seconda categoria nel 1907 e la prestigiosa coppa Bona disputata a Biella nel 1908, guadagnandosi di forza l’accesso al massimo campionato.
In questi anni,tra il 1908 e il 1913, si registrò il dominio assoluto delle ” bianche casacche”, che vinsero 5 scudetti , tranne quello del 1910 di cui si è parlato abbondantemente nei giorni scorsi.
Nella fase iniziale, Bertinetti fu allenatore- giocatore,e seguendo la Juventus e informandosi sui giornali inglesi e francesi,impose un gioco diverso fatto di passaggi laterali e affondi improvvisi.
Il tutto imperniato su una fase difensiva rigorosa e attenta alle marcature.
Avendo le proprie radici come società ginnastica, venne impostata una politica autoctona,la stragrande maggioranza della rosa era prettamente vercellese,con qualche rara eccezione come Berardo che era torinese.
È inutile negare che questo contribuì a cementare un gruppo di ferro,con grande attaccamento alla maglia e forte spirito di appartenenza.
In un epoca dove i calciatori venivano ancora visti con stravaganza e goliardia,la Pro Vercelli fu il primo esempio di collettivo compatto,amalgamato,e soprattutto preparato dal punto di vista fisico, sempre grazie alla provenienza da una società ginnastica che aveva inculcato la cultura dell’allenamento atletico.
Tutto questo,abbinato al furore agonistico che contraddistingueva l’intera compagine, faceva si che i vercellesi entrassero in campo con energia e accanimento.
Un marchio di fabbrica che intimoriva l’avversario,spesso sovrastato dal punto di vista fisico-atletico.
Questa impostazione di gioco contribuì anche a ridurre in maniera importante l’improvvisazione e l’azione individuale,che erano ancora delle prerogative delle squadre italiane .
È preziosa la testimonianza del capitano Giuseppe Milano I ,che spiega alcune importanti dinamiche:” costanza, lavoro indefesso con metodo e pazienza, unione intima,sincera e profonda tra tutti gli elementi, sacrificio individuale all’estremo,nessuna gelosia e soprattutto ferma ed incrollabile la volontà di vincere”.
Provo a tracciare alcuni profili delle individualità di spicco.
Il portiere era Giovanni Innocenti, buon fisico, famoso per le poderose respinte di pugno tipiche della scuola piemontese che proveniva dal pallone elastico.
I terzini erano Angelo Binaschi e Modesto Valle: il primo era dotato di ottimo scatto in velocità, Vittorio Pozzo disse che era ” forte come un torello, impetuoso e generoso”.
Per Valle,7 volte nazionale,ci affidiamo al giudizio lusinghiero del celebre giornalista Ettore Berra: colosso biondo, aveva l’agile scioltezza di Maroso,la sicurezza plastica di Marchi e il temperamento agonistico di Sardelli.
La linea mediana era l’asse portante della squadra:su tutti svettava il capitano Giuseppe Milano I,che oltre a svolgere egregiamente il ruolo di centromediano,raccolse l’eredità e l’incombenza di Bertinetti della gestione della squadra.Fisico imponente,corsa instancabile,carattere mai domo facevano di”Milanone” il leader indiscusso del team,un trascinatore sotto tutti i punti di vista.
Il mediano dx Guido Ara era diverso, molto più ragionatore,la tecnica di base importante gli permetteva sia di lanciare lungo con precisione,che dialogare nello stretto.
Poi c’era il mediano sx Pietro Leone, sicuramente il meno dotato come valori generali dei tre.
Perfetto interprete della scuola vercellese, combattivo ed agonista, classe 1888.
Brera disse che”non faceva mistero dell’appartenenza ai mastini,si avventava sull’avversario e lo azzannava sul coppino senza mollarlo più”.
Nel reparto offensivo, negli anni,si alternano diversi validi interpreti: penso a Felice Milano II, fratello del capitano, particolarmente dotato nel proporre traversoni calibrati.
Ci fu Felice Berardo,tra i più dotati tecnicamente del periodo, giocatore di forte personalità.
Altro grande attaccante fu Carlo Rampini I,del quale si racconta che avesse un tiro devastante.
Merita la menzione l’ala Corna, più volte nazionale.
Ulteriore riprova della grandezza della Pro Vercelli si ebbe il 1 maggio 1913 ,quando ben nove vercellesi vennero convocati in nazionale.
Si giocò a Torino contro il Belgio, decise un gol su punizione di Ara ,e da Vercelli si registrò un imponente esodo di tifosi.
Questo record venne battuto solo molti anni dopo dal “Grande Torino”.
By Antonio Priore