Mercoledì Coppa Uefa, Coppa dei Campioni e Coppa delle Coppe, salvo rare eccezioni. Un mantra che il tifoso degli anni ’80 ricorda bene. La settimana calcistica europea era lunga al massimo due giorni, con tre competizioni cariche di un fascino particolare. I diritti tv non avevano precedenze, la logica (illogica) degli anticipi e posticipi non ancora neanche considerata. I giorni erano fissi, le sfide all’ultimo sangue erano consuetudine e il prestigio era immenso. Forse le annate più entusiasmanti e ricche di colpi di scena ci sono state donate dalle squadre che giocavano quella competizione ormai scomparsa. Da quella Coppa delle Coppe spazzata dal tempo e dai gironi in loop della Champions, strumento pronto a rispondere alla richiesta continua di più partite. Quel torneo metteva contro, in un torneo ad eliminazione diretta con turni di andata e ritorno fino alla finale unica, tutte le vincitrici della coppa nazionale. Ma la chicca che forse ha permesso a questa competizione di restare impressa nella memoria di questo sport è che in caso di eventuale qualificazione alla Coppa dei Campioni della vincitrice della coppa nazionale, poteva partecipare la finalista perdente della stessa senza però l’obbligo di essere nella massima serie.
Tanti i ricordi: il Tottenham nel 1963 che vince il primo trofeo di una squadra inglese, l’Anderlecht, l’Aberdeen che sconfigge il Real Madrid, l’Everton, la Sampdoria futura campione d’Italia, il Magdeburgo con il suo unico trofeo conquistato da una rappresentante della Germania Est. Gesta eroiche e match memorabili. 180 minuti giocati al massimo per superare il turno e coltivare il sogno di alzare quella coppa. Anche il Mechelen (Malines in italiano) era tra queste, era il 1988, e questa cittadina di 80.000 abitanti nel bel mezzo delle Fiandre, oltre al classico giro ciclistico, salì alla ribalta per la sua squadra di calcio, protagonista di una delle cavalcante più sorprendenti e travolgenti della storia di questo sport.
L’ARRIVO DI CORDIER E DE MOS – Il Koninklijke Voetbalvereniging Mechelen, meglio conosciuta in Italia con il nome di Malines, inizia la sua ascesa nella stagione 1982/1983. Fino ad allora la squadra belga aveva messo insieme qualche titolo nazionale tra l’inizio e la fine della seconda guerra mondiale. Poi un continuo galleggiare tra prima e seconda categoria, per circa 40 anni, fino all’arrivo del miliardario John Cordier, proprietario della società di componenti elettroniche Telindus. Il progetto del magnate era chiaro: ristrutturare le stadio Achter de Kazerme e creare un’organizzazione tale da poter permettere al Mechelen di ritornare ai fasti di un tempo. Il ritorno alla vittoria in campionato magari, un sogno per il neo presidente, ma che diventerà solo una tappa del triennio che vedrà il Mechelen salire sul tetto d’Europa. Il primo tassello fu il tecnico olandese Aad De Mos. Veniva da un ottimo quinquennio all’Ajax dove vinse 3 campionati e una coppa Nazionale ma il suo ciclo nella primavera del 1985 era concluso e così bastò una innocua sconfitta contro l’Haarlem per consentire alla dirigenza di esonerarlo per forti divergenze d’opinione e assumere Johan Cruijff figliol prodigo di ritorno dopo aver chiuso la carriera al Feyenoord. Nel 1986 dopo qualche mese di inattività De Mos venne contattato proprio dal Mechelen e accettò di buon grado quel progetto tanto affascinante quanto utopistico. In sella alla squadra il buon Aad riuscì subito ad ottenere il massimo dai suoi giocatori. Nella sua prima stagione in Belgio (oltre ad un sontuoso secondo posto in campionato) riuscì a conquistare la Coppa Nazionale che all’epoca permetteva alla vincitrice di approdare nell’Europa che conta, la Coppa delle Coppe. Per i valloni era il debutto assoluto in campo continentale.
DEBUTTO BOOM E ARRIVO IN SEMIFINALE – La rosa presentava onesti mestieranti e un vero fuoriclasse Michel Preud’Homme. Portiere efficace e titolare poi della nazionale belga nei Mondiali del ’90 e del ’94 fu il perno dei successi di quella squadra. Il gioco di De Mos non era spumeggiante, non garantiva spettacolo e non puntava a fare la partita. La macchina del Mechelen era efficace, difesa solida come non mai e capacità offensiva quasi scolastica ma tanto tanto pericolosa. Oltre al citato Preud’Homme giocavano Erwin Koeman, Eli Ohana, Piet den Boer, Graeme Rutjes e Marc Emmers. Talentuosi ma di certo non fuoriclasse. La marcia inarrestabile del Mechelen iniziò il 16 settembre del 1987. Dinamo Bucarest battuta 1-0 grazie ad un gol di Piet de Boer, vero mattatore di quella campagna europea. Ritorno senza storia, 2-0 Hofkens e De Boer e belgi agli ottavi. Dall’urna banda di De Mos pescò il St Mirren. Pareggio a reti bianche in casa ma in trasferta devastante uno-due di Eli Ohana che in un quarto d’ora spedì il Mechelen ai quarti. I tifosi erano entusiasti, i giornalisti dell’epoca andavano a caccia di informazioni su questa piccola realtà che in casa si difendeva con ordine e lontana dalle mure amiche riusciva a sorprendere sistematicamente gli avversari. Nei quarti il Mechelen affrontò l’ostica Dinamo Minsk. Il 1 marzo 1988 il piccolo stadio Achter de Kazerne esplose a quattro minuti dal termine del match. Dopo 86 minuti di sofferenza Pascal De Wilde insaccò l’1-0. In Unione Sovietica altro capolavoro. Eli Ohana al 29′ mise in ghiaccio la qualificazione, e non bastò il gol di Kisten a ribaltare il risultato. Il Mechelen era in semifinale!
SEMIFINALE TRA CENERENTOLE CONTRO L’ATALANTA – Qui la storia dei belgi si intreccia con l’altro miracolo sportivo di quell’anno: l’Atalanta di Emiliano Mondonico. I bergamaschi sono in semifinale di Coppa delle Coppe ma disputano contemporaneamente la serie B, ah il fascino degli anni ’80. Sconfitta in finale di Coppa Italia dal Napoli, Stromberg e compagni partecipano alla competizione continentale essendo i partenopei già in gara nella Coppa dei Campioni. Da penultimi in serie A ad un passo dalla finale europea. Emiliano Mondonico dopo 25 anni racconterà: “L’urna dopo il passaggio del turno in Coppa ci regalò il Malines. Una delle squadre più blasonate del momento che aveva alla guida un magnate con grandi possibilità economiche. Le relazione sull’avversario era preoccupante: i giocatori presi ruolo per ruolo erano i migliori del loro campionato. A cominciare dal portiere Preud’homme, per finire con il bomber Ohana, descritto come un’ira di Dio. Non è stato facile preparare la gara dal punto di vista emozionale. Stromberg, il nostro uomo più «pratico» di Europa, invitava tutti a non vedere il demonio dove non c’era”. Il timore era grande, la Cenerentola Atalanta davanti agli occhi di tutta Europa. L’inizio fu shock. Ohana dopo 7 minuti portò in vantaggio i suoi. L’eterno Stromberg in mischia ristabilì la parità. L’equilibrio fu spezzato ancora una volta da De Boer che all’83’ chiuse i conti. L’accesso alla finale si doveva giocare a Bergamo. I nerazzurri in un’autentica bolgia andarono in vantaggio su rigore con Garlini e sfiorarono a più riprese il raddoppio, ma anche in quest’occasione i valloni non si smentirono. Con personalità e innata spensieratezza prima raggiunsero il pari con un sinistro al volo del libero Rutjes e infine con un’azione personale di Emmers sigillarono la vittoria e la conquista di un’insperata finale.
LA VENDETTA DI DE MOS – 11 maggio 1988, appuntamento con la storia. Finale di Coppa delle Coppe e il Mechelen affronta, guarda caso, proprio l’Ajax la squadra che aveva esonerato 3 anni prima il tecnico De Mos. Gli olandesi in quella stagione avevano ceduto Van Basten e Rijkaard ma avevano in rosa Danny Blind, John Bosman e Arnold Muhren, non poca roba. Quello presente a Strasburgo era però un Ajax in crisi con Cruijff da poco esonerato e sostituito da un triumvirato. I nuovi acquisti languivano in panchina. La vendetta perfetta era nelle mani di De Mos, bastava solo dare la giusta scossa ai ragazzi. Ad aiutarlo fin da subito ci pensò Blind che al 16′ venne espulso. I diecimila tifosi accorsi in Francia iniziarono a crederci. Al minuto 53′ l’apoteosi. Splendido assist di Ohana per Piet Den Boer che senza pensarci due volte si avventa sul pallone e di testa batte 0Stanley Menzo portiere dell’Ajax. E’ il gol vittoria! Michel Preud’Homme blinderà il risultato con una serie di interventi straordinari e al fischio finale la spensieratezza e la fatica lasciano posto alle lacrime e alle emozioni: il Mechelen vince la Coppa delle Coppe. Erwin Koeman festeggerà la conquista di un trofeo continentale e verrà seguito a ruota dal fratello Ronald quindici giorni dopo, quando vincerà la Coppa dei Campioni con la maglia del Psv a Stoccarda.
Finale Coppa delle Coppe 1987/88
11 maggio 1988 – Stade de a Meinau, Strasburgo
KW Mechelen – Ajax 1-0
KW Mechelen: Preud’homme; Clijsters, Sanders, Rutjes, Deferm; Hofkens (Theunis 73), Emmers, E.Koeman, De Wilde (Demesmaeker 60); Den Boer, Ohana
Ajax: Menzo; Blind, Wouters, Larsson, Verlaat (Meijer 73); Van ‘t Schip (Bergkamp 57), Winter, A.Mühren, Scholten; Bosman, Rob Witschge
Arbitro: Dieter Pauli (Germania Ovest)
Reti: 53′ 1-0: Den Boer
CANTO DEL CIGNO E DECLINO – Il Mechelen non si fermerà qui e vincerà qualche mese dopo la Supercoppa Europea ai danni del PSV Eindhoven di Romario. De Mos lascerà la panchina nel 1989 ma non prima di conquistare anche il campionato belga. Il canto del cigno di questa memorabile squadra arriverà in Coppa dei Campionati nell’89-90 eliminata ai quarti dal Milan di Sacchi solo ai supplementari. Da lì il declino lento ed inesorabile. I guai finanziari di Cordier si ripercossero sulla squadra che venne di fatto smembrata. Ohana passò al Braga ma non tornò più ai livelli raggiunti in quella magica stagione, Preud’Homme come detto sarà titolare ai mondiali del 90 e del 94 e continuerà ad essere uno dei portieri più forti della sua generazione. Il centenario del club nel 2004 fu festeggiato nonostante l’assenza di numerose stelle, tra queste Cordier, deceduto proprio pochi mesi prima. De Mos non riuscirà più a trovare l’alchimia perfetta che riuscì a creare in Belgio. Il Mechelen ora, dopo tante annate difficili, è in Jupiler Pro League, la massima divisione belga attualmente. La favola finisce qui con un pizzico di malinconia e una buona dose di rassegnazione. Questo calcio attanagliato dalla crisi, cancellato dal business, difficilmente potrà riproporre una storia così entusiasmante come quella vissuta dai ragazzi del Mechelen. Un sogno divenuto realtà, un gruppo di ragazzi alla prima esperienza europea capace tra lo scetticismo generale di conquistare l’ambito trofeo.